In concomitanza della 1° Festa Del Pd di Bugucity...spudoratamente copio.................e condivido:
Viaggio in Lombardia: vorrei un Pd
(..)il Pd deve uscire dalle 'stanze' della politica, di quella politique politicienne che ammazza anche chi la interpreta. So che adesso mi direte che non è necessario muoversi e andare a vedere le cose per conoscerle, però, credetemi, un po' sì. Vorrei un Pd che ripartisse dalla 'a' di Arese (ci doveva andare l'idrogeno, poi i cinesi, poi gli islamici e ci finiranno le casette e i centri commerciali), che visitasse un campo rom, una struttura ospedaliera efficiente e una Asl che fa fatica, un'azienda dell'eccellenza e una di un settore in crisi. Vorrei un Pd che prendesse il treno dei pendolari, che scendesse in una stazione dove non c'è la biglietteria e i convogli arrivano sempre in ritardo (magari Varese- Milano, Fs o Nord è uguale: un'avventura). Vorrei un Pd che provasse a connettersi a internet a Bascapè o in Valsassina, che frequentasse gli asili nido (che dovrebbero essere di più), che si ponesse il problema della sicurezza non solo in termini di piccola criminalità, ma anche di difficoltà di convivere, di degrado delle periferie delle nostre città, di paura di non farcela. A crescere i propri figli, a pagare il mutuo, a vivere una vita decorosa. Vorrei un Pd che salisse su un Suv per capire perché uno deve fare l'idiozia di comprarne uno, un Pd che viaggiasse in bicicletta all'interno della città o lungo le grandi arterie stradali, per vedere se poi è così difficile finire sotto un camion. Vorrei un Pd che capisse che per fare le autostrade ci vogliono i soldi e gli investitori e un business plan, ma ci vuole soprattutto la politica, perché poi passano nei paesi, le pedemontane e le est-esterne, nelle poche 'isole' verdi rimaste, in aree già ipercongestionate. Vorrei un Pd che ricordasse che ci sono i Comuni e i servizi di prossimità ai cittadini, che tenesse sempre in mente che c'è uno spazio pubblico da riconquistare, perché tutti si sono "messi in proprio" e a volte non sanno nemmeno chi è il vicino di casa. Vorrei un Pd. In Lombardia. Possibilmente ora, possibilmente subito.
beppecolombo courtesy byciwa
Viaggio in Lombardia: vorrei un Pd
(..)il Pd deve uscire dalle 'stanze' della politica, di quella politique politicienne che ammazza anche chi la interpreta. So che adesso mi direte che non è necessario muoversi e andare a vedere le cose per conoscerle, però, credetemi, un po' sì. Vorrei un Pd che ripartisse dalla 'a' di Arese (ci doveva andare l'idrogeno, poi i cinesi, poi gli islamici e ci finiranno le casette e i centri commerciali), che visitasse un campo rom, una struttura ospedaliera efficiente e una Asl che fa fatica, un'azienda dell'eccellenza e una di un settore in crisi. Vorrei un Pd che prendesse il treno dei pendolari, che scendesse in una stazione dove non c'è la biglietteria e i convogli arrivano sempre in ritardo (magari Varese- Milano, Fs o Nord è uguale: un'avventura). Vorrei un Pd che provasse a connettersi a internet a Bascapè o in Valsassina, che frequentasse gli asili nido (che dovrebbero essere di più), che si ponesse il problema della sicurezza non solo in termini di piccola criminalità, ma anche di difficoltà di convivere, di degrado delle periferie delle nostre città, di paura di non farcela. A crescere i propri figli, a pagare il mutuo, a vivere una vita decorosa. Vorrei un Pd che salisse su un Suv per capire perché uno deve fare l'idiozia di comprarne uno, un Pd che viaggiasse in bicicletta all'interno della città o lungo le grandi arterie stradali, per vedere se poi è così difficile finire sotto un camion. Vorrei un Pd che capisse che per fare le autostrade ci vogliono i soldi e gli investitori e un business plan, ma ci vuole soprattutto la politica, perché poi passano nei paesi, le pedemontane e le est-esterne, nelle poche 'isole' verdi rimaste, in aree già ipercongestionate. Vorrei un Pd che ricordasse che ci sono i Comuni e i servizi di prossimità ai cittadini, che tenesse sempre in mente che c'è uno spazio pubblico da riconquistare, perché tutti si sono "messi in proprio" e a volte non sanno nemmeno chi è il vicino di casa. Vorrei un Pd. In Lombardia. Possibilmente ora, possibilmente subito.
beppecolombo courtesy byciwa
1 commento:
Melampo alla festa del Piddì. Non presentate quei libri
Scritto da Nando dalla Chiesa
Thursday 31 July 2008
Ho perfino pudore a dirlo. Ma sapete che cos’è successo alla premiata festa nazionale del Pd di Firenze? Che hanno respinto al mittente tutte e quattro le proposte di presentazioni di libri di Melampo. Tutte gentilmente prese in considerazione, visti i buoni rapporti sempre esistiti tra le vecchie feste dell’Unità e la casa editrice (di cui il sottoscritto è, con Lillo Garlisi e Jimmy Carocchi, bocconiani ottimi, uno dei fondatori). Ma, nonostante la gentilezza, tutte inesorabilmente rigettate. Questioni di qualità? No, di titoli, semplicemente di titoli. Proponetecene altri, ci è stato garbatamente suggerito. Sì, insomma, il problema sono gli argomenti trattati. Il che, ne converrete, è più inquietante.
Volete dunque sapere quali sono i quattro titoli “sconsigliati” e di fatto messi al bando? Il primo: “Come diventare gay in cinque settimane”, scritto da Claudia Mauri, giovane e spiritosissima giornalista gay. E qui la questione, va da sé, sono i gay (ormai il comitato che decide “che cosa si può” è misto, ex diessini ed ex margheriti). Il secondo titolo impossibile è quello di Mario Portanova: “Inferno Bolzaneto”. Qui pare che la ragione sia che ci sono altri dibattiti sulla “sicurezza”, mah… Il terzo è quello di Franco Stefanoni: “Il Finanziere di Dio. Il caso Roveraro”. Dice: e perché dovrebbe far paura il giallo dell’assassinio di Roveraro, finanziere cattolico? Boh, forse perché il sottotitolo parla di affari, misteri e Opus Dei. Ah, l’Opus Dei… Quarto titolo: quello di Giampiero Rossi e Simone Spina, “I boss di Chinatown”. Qui non mi raccapezzo. Rapporti diplomatici con la Cina? Altri libri sulla materia? Fatto sta che alla festa nazionale del Pd - questo è il succo della vicenda - non si può discutere di gay, di Bolzaneto, di affari e misteri d’Italia. Scusate, e allora dove se ne discute? Ma questa è un’abdicazione a pieno titolo della politica. Di una politica che non vuole tra i piedi nulla di sgradevole, nulla di aspro, nulla di compromettente. Anche quando non le si chiede di “dare una linea” (capirei l’imbarazzo), ma di discuterne almeno. Mi si spiega allora che esiste a fare un partito progressista? E com’è possibile che un giornale come il Guardian dedichi (vedi l’ultimo “Internazionale”) pagine e pagine alla Diaz e Bolzaneto mentre il maggiore partito progressista d’Italia, nel più grande evento politico-culturale dell’anno, decide di non parlarne? E poi perché questa paura quando il libro in questione si limita a riportare l’atto di accusa dei magistrati genovesi, muovendosi tutto all’interno di una ricostruzione istituzionale? Insomma, domanda delle domande: quando promettiamo di essere più garantisti lo diciamo solo pensando alle immunità di B?
C’erano una volta le feste dell’Unità. Ed erano il luogo della libertà. Quelle del Pd sembrano destinate a diventare il luogo della censura. Della selezione dei temi, di ciò che si può, di ciò che è opportuno, di ciò che non è disdicevole e non crea imbarazzi. Ma s’è mai vista una cultura senza imbarazzi?
Ahimé. L’altra sera a Catania, in una piazza Bellini gremita, Beatrice Luzzi ha recitato “Poliziotta per amore”, anche in ricordo del commissario Beppe Montana ucciso dalla mafia. E dentro, nel testo, ci sono eccome i passi su Genova. Ma il questore e il prefetto e il colonnello dei carabinieri e molte poliziotte erano alla fine visibilmente commossi per tutto l’impianto dello spettacolo. Ecco: davvero alla festa del Pd non si può parlare di ciò che alla gente per bene in divisa non genera né irritazione né rigetto?
marco
Posta un commento